La leggenda della gemma dell’est

Narrano che in un paese lontano nel tempo e nello spazio vivesse una comunità caratterizzata da rapporti così fraterni ed amichevoli che ciascuno chiamava l’altro Sorella o Fratello e nella quale ogni nuovo membro era accolto con Amore e con lo stesso Amore egli alimentava l’unione fra le sue Sorelle ed i suoi Fratelli. Il cammino era tracciato da una Fulgida Grande  Madre per il bene di tutti e ciascuno portava il suo contributo al progresso ed alla crescita armoniosa della Comunità e della Società stessa nella quale vivevano. La leggenda vuole che un terribile segreto fosse conservato e tramandato fra i membri anche se solo alcuni ne intuivano l’esistenza, ancora meno ne comprendevano il significato e pochi erano in grado di scatenare la sua straordinaria potenza. Si dice che tale segreto fosse imprigionato in una gemma, forse un diamante, venuto dall’Oriente in tempi immemorabili portato da una famiglia di tre antichi saggi, o forse due, perché del terzo nessuna traccia fu mai trovata.

Grazie alla millenaria e paziente opera dei Saggi la comunità prosperava e la forza dei reciproci legami era così evidente da trasparire nella Società dove la stessa viveva: la conoscenza del Segreto, in mani Sagge, faceva si che nuovi adepti rinsaldassero la coesione ed i vincoli di fratellanza portando sempre nuova gioia e felicità. Nella comunità risplendeva la Luce. Si diffuse la credenza che tale potere, che tale terribile segreto concentrato in un grande diamante, figlio della terra, sorgente di Luce e di Fertilità venisse passato di mano in mano fra i tre Saggi che si succedevano nel regolare la comunità, anche se uno dei tre nessuno vide mai.

Ma l’ombra dei vizi umani riuscì, con il tempo, a far prevalere la forma sulla sostanza, l’apparenza sull’essere, il male sul bene oscurando così parte della Luce. Coloro che intuivano o conoscevano il Segreto finirono per essere sempre più pochi, isolati prima, trascurati poi e dimenticati: i Saggi, sempre più lontani, da soli supportavano la potenza del Segreto. Una insana euforia ed un accanito livore accompagnavano quelli che erano impegnati nella conquista della larva del potere, alimentando una lotta senza quartiere per prevalere e per dominare l’uno sull’altro. Come uno spettro terribile ed implacabile l’ombra del male si espanse fino ad insinuarsi fra tutte le particelle di luce della comunità: il gelo e la notte caddero come un pesante mantello su tutto e tutti, soffocando gli spiriti liberi e lasciando solo delle rovine della trascorsa grandezza e conoscenza.

In una fredda notte, era inverno e cadeva la neve, coloro che avevano lottato solo per il loro egoismo, distruggendo e cancellando l’Amore che cementava la comunità nella vacua ricerca del potere materiale, riuscirono infine a raggiungere due dei tre Saggi, e da essi pretesero il diamante, strappandolo infine dalle mani del terzo Saggio ed estinguendo così la Luce insieme con la vita stessa di chi lo portava. Ma mentre la Luce e l’Amore mandavano gli ultimi sprazzi di vita, costoro si accorsero di stringere fra le dita solo dell’impalpabile sabbia, che l’algido vento invernale disperdeva nell’aria.

Grande fu il loro stupore, ma nonostante ciò non capirono ancora e mentre si fregiavano con i simboli della vittoria e di quello che ritenevano fosse il potere non si accorsero delle piccole faville che, nella profonda oscurità che si espandeva nel loro regno, risplendevano qua e là.

Il segreto non era perduto, l’Amore non era stato del tutto cancellato: le tenebre e l’odio inghiottivano e distruggevano ciò che le aveva create ma la scintilla primordiale era ancora lì, come il sacro fuoco delle Vestali, pronta a rigenerare la vita, l’unione, l’Amore. Vani ed inutili erano i simboli della vittoria nelle fitte tenebre della ragione, vani ed inutili i segni del potere nell’oscurità assoluta. L’oblio avanzava divorando tutto quello che la forza invincibile della Luce, dell’Amore, non proteggeva.

Molti ritengono che anche quelle minuscole faville, quelle scintille primordiali, ad una ad una finirono per essere disperse e perdute e con esse il Grande Segreto, ma a noi piace pensare che esse poterono trovare, nella stessa umanità che aveva tollerato la distruzione dell’Amore, un riparo ed una protezione e, con il tempo, il terreno di crescita per ricreare non una ma cento comunità dove i valori del potere umano sono illuminati dalla giusta luce ed il Grande Segreto, in realtà mai perduto, consente ancora di rinchiudere nella luce di un diamante, tramandato anno dopo anno dai Saggi, la Luce che serve per indicare e far seguire una giusta direzione del cammino umano, sempre accompagnato dall’Amore.

 

 

Auguro a tutti Voi un sereno periodo di tregua dagli affanni umani per una serena ripresa dei lavori.

Rosy Guastafierro

Worthy Gran Matron del Gran Capitolo d’Italia

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