Carissimi, voglio innanzitutto ringraziare il Venerabilissimo Gran Maestro Stefano Bisi che come ogni anno ha ospitato la Sessione Speciale dei nostri lavori accanto alla Gran Loggia del G.O.I. Mi rallegro per la presenza della rappresentanza di tutti i Capitoli del G.C.I. e per i membri tutti che così numerosi hanno risposto alla nostra chiamata.
Ci ritroviamo insieme anche questo anno a ripercorrere i principi della nostra appartenenza ad un ordine iniziatico, a fare istruzione sul nostro rituale e sulla nostra simbologia; ma……, mi chiedo se abbiamo effettiva consapevolezza di dove ci troviamo e siamo arrivati o abbiamo solo il convincimento di essere stati spinti emotivamente ad appartenere ad un qualcosa che ci è stato trasmesso ma non è sentito e vissuto con la totalità del nostro essere?
Cosa mai possiamo insegnare o imparare se non abbiamo una piena coscienza della potenza che trasmettono i nostri simboli e della forza iniziatica del nostro Ordine, se non teniamo saldo in nostro senso di appartenenza all’OSO, se non abbiamo l’onestà morale di dire “come posso correggermi e migliorare? Dove posso arrivare?” e la forza morale e materiale di attuare i cambiamenti nel nostro essere. La ritualità perfetta rimane solo una coreografia se non c’è dietro la volontà di imparare a far bene il proprio dovere, cogliendo dalla simbologia rituale gli insegnamenti e la forza per applicarli. Quel dovere che dobbiamo imparare a far bene e per il quale la WM chiama il Capitolo ad unirsi all’energia dell’Universo attraverso la Preghiera: Il dovere che è insegnato dalle nostre figure simboliche, insegnato a chi ha diritto a chiederlo e non tutti possono o vogliono iniziare una via di trasformazione e di coerenza: non tutti hanno il diritto a chiederlo.
Ciò premesso vorrei focalizzare l’attenzione su alcuni punti essenziali:
Appartenenza rituale
In primo luogo, mi voglio soffermare sul significato di “senso di appartenenza rituale all’Ordine” di cui ho ampiamente scritto nelle mie comunicazioni alle Worthy Matron. L’appartenenza rituale ha per noi un significato molto importante: essa identifica la condizione di INCLUSIONE di Sorelle e Fratelli nel nostro Ordine, con la consapevolezza ed il riconoscimento di esserne parte attiva e ci permette pertanto di coltivarne la storia, la cultura, le tradizioni, la ritualità, ed attraverso questi mezzi, di concorrere a costituire un processo naturale di identificazione del nostro percorso sia individuale che collettivo con una ideale narrazione che porta all’elevazione dello spirito, alla conoscenza della materia ed all’unità dell’Essere.
È riconoscere un “intento comune” è la forza per costruire un legame di condivisione costante tra i Capitoli, anche se apparentemente operanti con finalità diverse, nell’etica, nel sociale, nello spirituale e condivisione forte ma tollerante tra le persone che li compongono. Un legame che si manifesta non solo a livello socioculturale, ma soprattutto di emozione rituale, con quella sensazione forte che ci viene dal cuore, che ci unisce.
Appartenenza rituale è operare uniformemente rinsaldando e ricercando la tradizione simbolica sulla quale il nostro Ordine pone le fondamenta così da attivare quella forte energia che ci rende tutti vicini e coesi fino a parlare la stessa lingua pur senza proferire alcuna parola.
Unità di linguaggio
Il secondo punto che voglio sottolineare, è che noi siamo l’Ordine della Stella d’Oriente rappresentata dal pentagono con la punta rivolta verso il basso, il simbolo visibile che sottende e contiene l’altra stella con la punta verso l’alto, simbolo di unità e armonia, di unità tra il femminile ed il maschile. Unità, pur nella specificità e particolare peculiarità di ognuno, tra i due principi Janus e Iana indissolubilmente uniti ma diversi. Chiamarci stelle è ridurre al femminile un ordine misto e per altro contrario a quanto previsto nel libro rosso che recita” Non ci si dovrebbe riferire all’Ordine della Stella d’Oriente come ad una organizzazione di Donne. Essa è una organizzazione a cui appartengono donne e uomini”.
Unità di linguaggio che rispecchia il nostro sentire comune e non il sentire di chi ha perso il ricordo della sua origine e della parola. Siamo, lo sottolineo ancora una volta, un Ordine iniziatico e non “le stelle”. Cominciamo ad usare bene le parole e i loro significati, ad usare un linguaggio univoco riconoscibile per tutti noi e che ci faccia identificare da tutti, profani o iniziati, con l’autorevolezza che ci compete. Impariamo a salire insieme senza perdere l’origine ed il significato della parola: sottolineiamo il collegamento della nostra “Stella” a quella risonanza cosmica che segnò per i Magi la nascita di un grande iniziato, per la natura un evento di proporzioni galattiche e per l’uomo una rivoluzione che avrebbe in pochi anni travolto la società fondata sulla disuguaglianza e la schiavitù
Inevitabilmente per non disperderci in sentieri diversi e divergenti sono necessarie quelle regole, seppure rigide, che sono la base di un Ordine, sono i binari che ci evitano di costruire alla rinfusa un edificio, di edificare una nuova torre di Babele, facendoci perseguire invece un obbiettivo comune, consentendo a tutti di ritrovare la parola e l’origine comune, di costruire cattedrali ideali alla gloria della nostra umanità.
Questo è anche il motivo della percezione unitaria che dobbiamo dare all’esterno, anche quando celebriamo cerimonie che non sono previste nel rituale ma che sono da anni occasioni per festeggiare insieme ai fratelli eventi naturali come equinozi e solstizi e che fanno parte di quella cultura esoterica mediterranea che è cara a molti dei nostri capitoli. Lavoreremo per uniformare anche queste ritualità, riusciremo a breve, a dare una immagine unitaria dell’Ordine da nord a sud, da est a ovest.
Segreto iniziatico
In terzo luogo, soffermiamoci sulla trasmissione della tradizione attraverso l’iniziazione ai nostri cinque gradi e non attraverso manuali ed accademiche esemplificazioni. La trasmissione è data dall’interpretazione dei nostri simboli dopo aver vissuto, percorso, sfidato il nostro labirinto, dopo aver “patito” la mortificazione e distruzione “nostra” nel crogiolo alchemico che è il labirinto. E ciò che si è provato nel misterioso percorso del labirinto, insieme con le profonde trasformazioni che abbiamo continuato a vivere successivamente sono incomunicabili: questo è il segreto iniziatico. Al contrario della cultura e dell’erudizione nessuna crescita esoterica può essere raccontata: rimane scolpita nel nostro corpo, nelle nostre cellule e non può essere raccontata se non con le nostre leggende, se non con le energie trasmesse dal corpo, onde invisibili e silenziose percettibili solo a livello animico, rilevabili solo quando l’eggregore del Capitolo fa sentire la sua potenza. Non potrò mai trasmettere neppure le emozioni che ho provato sempre guidando nel labirinto un neofita, fratello o sorella che fosse. Non so narrare la sensazione di trasmutazione, come se il fuoco di quel crogiolo alchemico che è il labirinto trasformasse ogni volta anche la mia parte corporea, imprimendo una sensazione non di arricchimento sapienziale, ma di immersione nel tutto, di perdita della mia identità individuale verso una nuova identità collettiva: il Noi. E’ incomunicabile con le parole il senso di compassione che impregna ogni cellula del proprio corpo, “cum patior”, il sentire insieme, in armonia ed identificarsi nell’Umanità. È incomunicabile quel sentimento che ci fa unire nel Logos, che ci porta a perdonare per tutto quello che la profanità ci arreca, che mantiene viva nel nostro cuore la fiamma della speranza e che chiamiamo, con un termine certamente riduttivo, Amore.
